Come è umano lei
Ciao sono Matteo, se leggi questa newsletter credo proprio tu mi conosca. Se così non fosse qui trovi qualche info su di me.
Qui invece puoi iscriverti per ricevere le mie prossime pubblicazioni su Substack.
Una twingo non sarà mai una Ferrari (forse)
Viviamo di assoluti (o almeno ci proviamo) e con quegli assoluti, troppo spesso, dobbiamo/vogliamo convivere anche a livello di comunicazione. Ma il nero non è sempre lo stesso nero, almeno quando parliamo di utenti e contenuti.
In uno scenario così mutevole a livello sociale, di canali, abitudini lavorare di assoluti può diventare limitante, se non dannoso.
Certo una Twingo non sarà mai una Ferrari (forse), ma è altrettanto vero che ogni elemento cambia di valore, percezione, impatto a seconda di chi lo guarda, di come viene considerato e, ancor più cruciale, la scenografia in cui vive.
Mi spiego meglio. La scorsa settimana mi è capitato di rivedere su YouTube uno spezzone di Fantozzi, una scena sull’arrivo delle elezioni politiche. Ma a colpirmi non è stata tanto quella, quanto uno dei commenti al video:
E se inizialmente mi ha sorpreso più passavano i minuti e ci pensavo e meno mi sembrava così strano. Fantozzi era lo stereotipo nell’immaginario collettivo di una persona in parte “vittima” del sistema tra insoddisfazioni, difficoltà, spesso umiliazioni. Uno stereotipo che oggi si è quasi (sottolineo il quasi) ribaltato, portando molti degli elementi iconici (e su cui faceva leva il personaggio) ad essere difficilmente comprensibili alle nuove generazioni, cresciute in una situazione sociale molto diversa.
A cambiare non è stato solo il senso comico, ma soprattutto il contesto sociale dove la storia e la vita raccontata di Fantozzi si svolgeva, portando ad una modificazione netta della percezione di molti di quegli elementi. Tanti dei punti della vita di Fantozzi che erano in parte percepibili come negativi o “sufficienti” sono oggi spesso desiderati o, meglio, diventati segni di un livello sociale più alto, non certo “per tutti”. Se ai tempi era “normale” riuscire a mandare avanti una famiglia con un solo stipendio (da ragioniere) oggi non lo è più, così come lavorare in modo fisso e continuativo per la stessa realtà.
Contesto. Niente di più. Molto oltre il semplice qui ed ora, ma un significante indispensabile in grado di modificare profondamente la lettura, comprensione, valutazione di quello che stiamo leggendo/guardando. Ed è in molti casi proprio tale significante a fare la differenza a livello di comunicazione, arricchendo il messaggio di elementi che lo rendono realmente efficace, meglio, in grado di completarlo.
Pensiamo a quanto, ad esempio, me too e il contesto creato abbia modificato profondamente la percezione di alcuni messaggi. Immaginate molti spot di qualche anno fa oggi. Non solo non avrebbero impatto, ma creerebbero criticità enormi al brand. Perché tale differenza? Perché gli utenti che li vedrebbero immersi in un altro scenario valoriale e sociale (contesto in poche parole) ne avrebbero una valutazione totalmente diversa, cambiata radicalmente, azzerata.
Proprio per questo diventa vitale comprendere il contesto, ma ancor di più le sue modificazioni/evoluzioni con tutto ciò che queste comportano. Una necessità che significa non solo lavorare costantemente in ottica di analisi di scenario, ma anche e soprattutto in una crescente trasversalità/sensibilità dei team coinvolti nei progetti. Non basta infatti comprendere sentiment su dati temi o trend, servono figure infatti capaci di comprendere i mutamenti sociali che toccano gli utenti e che sappiano trarne input essenziali da mettere a sistema lato strategia e contenuto.
Campagne e progetti da urlo
Felix - I't’s great to be a cat
My 2 Cents
Parlavo oggi con una cara amica, Anna Vitiello di quanto sia e sarà sempre più rilevante il concetto di transmediale, inteso non solo come l’utilizzo di più media, come molti sbagliando pensano, ma come la sinergia di diversi media per un progetto. Una sinergia reale, che generi valore aggiunto e sia da volano alla campagna e non solo un, seppur buon, piano media.
Sorgono da qui due criticità su cui lavorare:
Necessità di una progettazione a monte diversa, che porti a creare contenuti pensati appunto per essere transmediali e non semplicemente adattati al meglio poi. Un modo per aumentare le opportunità e rendere più sostenibili molti progetti perché permette una forte ottimizzazione.
A comandare tutto serve una strategia di attivazione che sia il fulcro intorno al quale ruotano tutti i canali, ma ancor di più capace di essere il fil rouge in questo approccio. Un’ancora salda che non faccia perdere la rotta.
Corollario ai punti precedenti. Difficile progettare o creare strategie senza le giuste persone. Serve un grande passo avanti nel creare figure preparate in tal senso. Adesso ce ne sono poche, pochissime.
In un mondo che va sempre più nella valorizzazione delle verticalità, a volte avere una visione d’insieme non è poi così sbagliato.
Insight del mese
Engagement Rate medio per tipologia di creator Instagram e TikTok - Report by ONIM
TikTok
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
Se ti è piaciuta questa newsletter condividila.