Del ruolo degli influencer e dei ritorni di fiamma reputazionali
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Influencer, una questione di ruolo
Non ho mai amato troppo le classificazioni. Utili, certo, ma spesso riduttive, incapaci di dare la profondità e le sfaccettature di un argomento. Ancor peggio quelle relative agli influencer, ridotte per lo più alla grandezza della fanbase, senza però, le doverose contestualizzazioni, le differenze di impatto, quelle di canale. Ridurre tutto ai follower semplifica la vita certo, ma ci fa perdere per strada tanto, troppo.
Sinceramente ne ho le tasche piene di nano e micro-influencer, ma non tanto per averle sentite così spesso, quanto perché non aiutano minimamente a suddividere o creare cluster utili in progetti e campagne. Senza contare poi che manca un benchmark condiviso: stando alla scuola americana sotto i 100K follower in Instagram si è un micro-influencer, ma come dico spesso se hai 90K follower in Italia tanto tanto micro non sei. Contesto (e senso), nulla di più.
Credo sia giunto il momento, data la maturità dell’IM e, soprattutto, la variabilità degli elementi che lo contraddistinguono (piattaforma, tipologia di progetti, obiettivi, kpi) di provare a fare un passaggio successivo, anzi, di cambiare proprio strada. La variabilità citata ci deve portare a riflettere su altri punti, in primis sul ruolo/utilizzo che queste figure hanno nelle attivazioni dei brand.
Ne deriva una suddivisione semplificata, ma molto più chiara e in linea con la realtà progettuale che ogni giorno ci troviamo dinanzi e che possiamo riassumere in:
Creator
Influencer
Talent
Creator
Parliamo di “creator” quando la figura coinvolta ha come mansione primaria la realizzazione di un contenuto, solitamente (almeno dovrebbe essere) in sinergia col brand. Una co-creazione capace di mettere al servizio della marca la capacità di creare contenuti capaci non solo di veicolare al meglio il prodotto, ma soprattutto in modo affine ai canali scelti e agli utenti in target. Certo perché se la capacità di produrre contenuti che funzionano (ben diverso da “buoni”) è vitale, lo è altrettanto la selezione di figure vicine agli utenti di riferimento e che condividano gusti, stili, cultura. In poche parole che parlino la medesima "lingua". Così come la capacità di lavorare adeguatamente sul canale di progetto, rispettandone stilemi e tone of voice.
Un ruolo, quello del creator, che spesso fa rima con branded content o che almeno non significa per forza l’utilizzo del canale del creator coinvolto.
Influencer
Il ruolo dell’”influencer” è legato invece alla capacità di influenzare un pubblico, solitamente quello creato negli anni e che è diventata la fanbase dell’influencer stesso. C’è, certo, anche la creazione di un contenuto in stile di canale e posizionamento dell’influencer, ma non è primario. A contare di più è la volontà di sfruttare l'effetto dell’earned media e quindi la pubblicazione del contenuto sull’account della figura scelta.
Decisiva in questo caso, lato selezione, la valutazione data-driven dell’account dell’influencer, andando a verificarne true reach e, soprattutto, le caratteristiche dell’audience come sesso, età, interessi. Dei follower certo, ma anche (se possibile) dell’alpha audience, il pubblico cioè solitamente coinvolto. Non solo. Anche Know-how, autorevolezza, credibilità, sono plus rilevanti da valutare e mettere a regime.
Il contenuto ha comunque un ruolo centrale ed è fondamentale rispettare stile e mood portato avanti nel tempo dall’influencer, vista l’abitudine degli utenti e che il legame con i follower si è consolidato proprio su queste basi.
Talent
L’ultimo step è quelle del “talent” in cui la volontà è quella di utilizzare l’influencer come “volto”, in un concetto vicino a quello, consolidato, del testimonial. Ospitate e spot tv, podcast, eventi, campagne di comunicazione più “classiche”, ecco le possibili attività. I contenuti derivanti sono “guidati” dal brand e l’influencer ne è parte.
Un ruolo che fa leva sulla notorietà, anche offline, della figura coinvolta e che è estremamente meno connessa a dati e performance social. Posizionamento e reputation, questi sì che invece sono elementi decisivi. L’effetto testimonial enfatizza spesso il legame influencer-brand e c’è quindi il rischio di “trasferire” possibili crisi.
Tangenti, ma con un focus chiaro
Ruoli estremamente differenti per caratteristiche e finalità, che rispondono ad approcci lontani tra loro, ma che possono, in alcuni casi coincidere o, meglio, essere tangenti. Posso scegliere una figura come creator, puntando sulla creazione del contenuto, ma poi valorizzare tale contenuto, d’impatto, sulla sua fanbase. Così come posso utilizzare un talent anche in ottica earned, dando riverbero ai progetti fatti attraverso i social della figura scelta. Ma resta cruciale avere chiaro in mente quale sia la funzione primaria tra le tre, al fine di selezionare in modo migliore chi coinvolgere e strutturare al meglio il progetto.
Campagne e progetti da urlo
Plasmon - Adamo
My 2 Cents
Ragionavo in questi giorni sull’affaire Julia Elle, aka @disperatamentemamma, e su quanto sia fondamentale, online soprattutto, ragionare in ottica di trasparenza, impostando contenuti e, quindi, legame con il proprio pubblico, sulla credibilità e la fiducia.
Creare “castelli di carta”, alla lunga, diventa difficilmente difendibile, ancor di più oggi, che tutto è connesso, mostrato, visibile. Recitare una parte, soprattutto per chi costruisce sul lato umano, è pericoloso e, soprattutto, impossibile da portare avanti sul lungo periodo. Certo, nessuno è perfetto, ma lo storytelling del creator deve essere una narrazione utile a valorizzare la sua essenza, i suoi, reali, punti distintivi a raccontarne vita, carattere e, perché no, anche debolezza.
Qualcosa che non devono scordarsi mai creator e influencer, ma che vale anche per i brand, troppo spesso convinti di imporre iper-narrazioni che, spesso poi, tornano indietro con un carico di problemi ben più ampio del vantaggio guadagnato.
Un ritorno di fiamma reputazionale, che è inversamente proporzionale al successo iniziale, poiché incentivato, lato utenti, dal sentirsi traditi e presi in giro.
Insight del mese
Engagement Rate per settore in Instagram (Italia - Novembre 22>Febbraio 23) - Fonte ONIM, Osservatorio Nazionale Influencer Marketing
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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