Di algoritmi, neomelodici e fandom
Ciao sono Matteo, se leggi questa newsletter credo proprio tu mi conosca. Se così non fosse qui trovi qualche info su di me.
Qui invece puoi iscriverti per ricevere le mie prossime pubblicazioni su Substack.
Di algoritmi, neomelodici e fandom
È da tempo che mi trovo a ragionare sul potere (e le conseguenti responsabilità) dei trend e degli algoritmi, cercando di capire quale sia più rilevate o, meglio, cosa condiziona cosa. Un pensiero doveroso per chi lavora in canali come TikTok, ad esempio.
Mi verrebbe da dire che la verità sta nel mezzo, ma non ci credo fino in fondo e penso sia difficile dare una risposta definitiva. Posso però dire che il rapporto tra trend e algoritmi è simbiotico: l'uno sostiene e condiziona l'altro, reciprocamente. Due facce della stessa medaglia, una medaglia che si traduce in view e interazioni sulle diverse piattaforme.
Ma torniamo al punto. L’espressione più chiara di questo ragionamento è senza dubbio il revival del filone neomelodico che in questi anni ha trovato spazio in TikTok.
Seppur non recente credo sia l’esempio più eloquente da utilizzare e su cui poter trarre qualche elemento utile.
Nino D'angelo 4.0
Sempre TikTok, sì. Non ve lo cito così spesso perché ci tenga a fargli ancora più pubblicità, ma solo perché la sua struttura e le sue dinamiche lo rendono un terreno fertile per sperimentazioni e fenomeni potremo dire "nuovi", soprattutto se paragonati a Instagram. Le caratteristiche del suo algoritmo "aperto", volto a diversificare e proporre oltre la propria bolla, evidenziano più facilmente situazioni particolari e, in un certo senso, le sostengono.
Quello accaduto, appunto, con la musica neomelodica.
Un trend partito a fine 2021 e che ancora oggi sopravvive (2 mila post e oltre 150 milioni di views solo negli ultimi 7 giorni in Italia). Ma al top di questa tendenza bastava pochissimo per imbattersi in contenuti che rilanciavano alcune hit del genere, esempio di come queste siano diventate virali in TikTok, sostenute ma anche spinta alla fruizione e al coinvolgimento dello stesso canale (la simbiosi di cui parlavamo).
Ho litigato con mia moglie, ad esempio. Un pezzo del 1997 che oggi, in cover moderne, è diventata una vera hit, ma ancor più particolare, utilizzata al di là della sua peculiare territorialità, diventando base per meme e clip di tendenza.
Oppure “Si s’accorge e chist’ammore”, un altro pezzo datato (2011) diventato estremamente di tendenza in TikTok, ripreso da influencer come Valeria Vedovatti e Khaby Lame e generando più di 50mila clip.
Affinità = Community = Condivisione = Viralità (forse)
Esempi di cui è interessante comprendere le motivazioni. Da un lato c'è certamente l'estrema semplicità, meglio dire "l'urbanità" di questi testi, ma ancor di più la loro forza comunicativa tipica anche del carattere del sud. Ognuna di questi testi diventa un gesto o, meglio, una mimica da riprodurre. E questo, nella piattaforma delle challenge e delle dance (che ancora vanno, diciamocelo), "fittano" divinamente.
Ma a interessarmi ancora di più è il tema del local pride.
Il neomelodico e le sue apparizioni sui social non possiamo negare come sia chiaramente mezzo per esprimere la propria appartenenza, non tanto le origini, quando l'essere parte di una comunità precisa che condivide valori, espressioni, dinamiche sociali. Community, nulla di più, niente di meno. Un concetto di cui troppo spesso dimentichiamo valore e forza e che in TikTok, soprattutto, sta ritrovando estrema rilevanza.
Una rilevanza tanto forte da evolvere o, meglio, rispolverare un altro concetto chiuso troppo velocemente nel cassetto dei social, quello delle fandom.
Qualcosa che, in dimensioni più ampie e trasversali, è successo anche con il fenomeno di Mare Fuori.
Dragotoc è chi Dragotoc fa
Non che le fandom non contino più certo, ma è innegabile come il lento declino di Twitter e l'ascesa, viceversa, di un canale con le caratteristiche di Instagram, molto ego oriented, ne abbia un po' ridotto il respiro.
Chi ha qualche anno "social" in più ricorderà bene la portata dei dibattiti online tra Directioner, fan degli One Direction, e Belieber, quelli di Justin Bieber. Diatribe online talmente "forti" da portare a situazioni al limite del bullismo. Merito di una piattaforma che favoriva il buzz tematico, dell'attaccamento di questi ragazzi ai loro idoli, certo, ma soprattutto, della coesione e senso di appartenenza che questa passione comune portava con sé.
Un senso comune e un coinvolgimento emotivo che aveva (ed ha ancora) un'influenza decisiva anche nelle decisioni di acquisto e quindi da attenzionare fortemente anche lato brand.
Un valore che era già emerso in diverse analisi, tar cui, senza dubbio, la più interessante è The Power of Fandom.
Ma creare fan è qualcosa di estremamente complesso. Il problema, per le aziende, è proprio questo. Troppo distanti la proposta e le necessità comunicative del brand dalle aspettative degli utenti/fan. L'approccio entertainment è sicuramente un aiuto in tal senso, ma non è sufficiente (ancora).
Diventa quindi decisivo per i brand capire come entrare nelle conversazioni delle fandom con impatto e, soprattutto, avendo il premesso per farlo. Progetti condivisi, capsule collection o i branded content che tanto si stanno diffondendo sono un'ottima risposta, creando sinergia tra marchio e Idol e, successivamente, riverbero sulla fanbase.
Esempi interessanti, in Italia, sono Coca-Cola con Mille o Ghali con l'inserimento di McDonald's in un suo video. Esempi che però toccano solo la superficie, senza andare realmente all'anima della base fan, innescandole.
Dire da dove iniziare non è facile, ma qualche spunto ce l'ho. Gli NFT e il forte senso al collezionismo delle fandom possono essere un tema interessante, portando l'esclusività di edizione limitate e brandizzate anche online.
Per l'altra torniamo all'inizio, TikTok. Il canale propone margini per lavorare in tal senso, offendo nuovamente a Idol e fan spazio per interagire e dar vita a contenuti verticali. I duetto o l'audio da riutilizzare negli UGC sono solo esempi.
Ma spazio ce n'è. Mi viene in mente il trend di Dracotoc, proposto da Tom Felton, l'attore che nella saga di Harry Potter interpretava Draco Malfoy. Una challenge che prevedeva il rifacimento del celebre modo in cui Draco chiamava "Potter" e che ha scatenato una delle fandom più forti, trasversali e senza tempo, quella del maghetto appunto. Ma potremmo anche citare quello legato alle Winx, sempre orientato a far leva sull’effetto fan.
Trend che per molti brand possono essere occasione rilevante in cui entrare, ovviamente nel giusto modo.
Fondamentale diventa analizzare canale (e contesti) per trovare queste fandom, ma ancor di più comprendere quelle più affini al brand, valutandone i driver conversazionali. Un'attività simile, in parte, a quella di outreach per gli influencer/creator, ma con un focus maggiore sulle caratteristiche alla base, ovviamente più ampie e ibride essendo la fandom un macrocosmo di pensieri, idee, utenti.
Campagne e progetti da urlo
Dove - Costo of Beauty
My 2 Cents
Reduce da un tour (de force) alla Design Week e alle tante iniziative branded presenti penso da qualche giorno ad un concetto spesso sottovalutato o, almeno, compreso non correttamente: la rilevanza.
In un contesto così bulimico di campagne, canali e contenuti essere rilevanti diventa IL fattore decisivo, nel suo significati primario, quello di riuscire convincere gli utenti a interagire con noi (un click, una views, un like) e, magari, a farlo per un periodo più lungo di quei 3 secondi che ci perseguitano.
Perché si parte da lì poi arriva tutto il resto: coinvolgimento, memorabilità, conversione.
Un fattore che non è solo legato a qualità o, tornando alla Design Week, bellezza. Ho visto una marea di installazioni, integration di altissimo livello e di grande, grandissimo effetto, ma questo non significa che siano state rilevanti per me, anzi. Un fattore, questo che infatti dipende da elementi molto più trasversali e complessi, che toccano tematiche come il timing, la distribuzione il percorso di fruizione degli utenti.
Ad esempio: è possibile essere rilevanti in un contesto così ricco di attività, brand ed esperienze come la Design week? Non lo so o, più onestamente, non ne sono così sicuro.
Essere rilevanti è difficile, forse la cosa più difficile parlando di comunicazione, ma bisogna quantomeno provarci. Ed invece si casca troppo spesso sulla via più facile, quella del colpo ad effetto, senza ragionare davvero su come, appunto, rendere RILEVANTE la progettualità che sto mettendo in campo. Potrei citare il metaverso o gli NFT, scelte figlie del trend più che dell’attenzione verso gli utenti.
Un circolo, quello del hype, che bisogna avere la forza di rompere o, almeno, di fermare se non utile ai nostri obiettivi. Perché se non sei tu a sfruttarlo, allora sei parte stessa di quel loop.
Insight del mese
I parametri valutati nella selezione dei creator da brand e marketer - Fonte ONIM, Osservatorio Nazionale Influencer Marketing
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
Se ti è piaciuta questa newsletter condividila.