E tu triggeri o sei triggerato?
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Oggi parliamo di trigger e triggerati in comunicazione. Ma non solo.
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Fenomenologia dei social trigger
“Guarda come la fuma!”, “Buongiorno Pescheriaaaaa”, “The sound of love”. Se lavorate nel digitale credo che riconosciate queste esclamazioni. Per i neofiti si tratta di tormentoni utilizzati da celebri influencer/creator che accompagnano i loro contenuti da anni diventando, nel tempo, veri e propri tratti iconici degli stessi.
Difficile pensare all’Antico Vinaio senza "Guarda come la fuma” (la schiacciata) così come a Donato, il salumiere più noto di TikTok, non citando la mollica dei suoi panini.
Ma quelli che sembrano semplice frasi fatte, ad effetto, buttate speso lì con coraggiosa continuità nascondono molto di più.
Caratterizzano infatti, danno “un’abitudine” agli utenti creando continuità e facilitando la riconoscibilità, dando personalità al contenuto e, se uno è fortunato (magari anche bravo), possono diventare meme prima e parte del linguaggio di molti poi.
Infatti quelli che sembrano semplicemente vezzi o frasi ad effetto sono in realtà molto di più, elementi che hanno il merito di muovere le performance social. Trigger, ecco cosa in realtà sono o, almeno, il ruolo che hanno in questi utilizzi.
Un trigger è un elemento che stimola una risposta immediata o una sequenza di comportamenti in un individuo. Nei social media, i trigger possono essere visivi, verbali o emotivi, e sono progettati per catturare l'attenzione e incoraggiare l'interazione. Essi funzionano attivando ricordi, emozioni o desideri latenti, spingendo gli utenti a compiere azioni specifiche come cliccare su un link, condividere un post o effettuare un acquisto.
Esistono trigger emotivi, che sfruttano le emozioni per creare una connessione immediata con l'utente, sociali, come ad esempio la social proof o temporali, quelli che generano urgenza e scarsità (avete presente il Poltrone Sofà?). Ne esistono anche di più complessi come quelli legati alla generazione di curiosità in chi legge/vede come succede con i teaser.
Ma con l’evoluzione del contesto social e del loro utilizzo ne sono arrivati altri, più “fini”, non tanto nella complessità, quanto nel loro essere ancor di più sotto traccia. Ormai il trigger stesso è un trigger, in quella fenomenologia online che deforma: numeri, impatto, realtà.
Gli stessi trend di cui parlo spesso sono ormai trigger, elementi utilizzati per dare più peso a contenuti che peso non ne hanno.
Il cibo (anche qui ci sono cibi più trigger di altri), i bambini, il corpo femminile, i meme. La stessa napoletanità su TikTok ha assunto questo ruolo. Spesso anche temi di valore legati al purpose diventano trigger come la sostenibilità.
In questi ultimi casi a trasformarli in trigger è l’utilizzo stesso: li inserisco nei miei contenuti non tanto per interesse o valore aggiunto, quanto per sfruttarne la capacità di generare attenzione e, spesso, rendere performante ciò che non sempre lo sarebbe.
I trigger non sono cosa per tutti. Nel senso che vanno saputi usare perché siano realmente funzionali. E c’è chi ne ha fatto oggetto stesso della propria comunicazione, passando di trigger in trigger, come, ad esempio, Salvini. Tutto nella sua content strategy va in quella direzione e la sua “Bestia” è forse il manifesto stesso dell'uso (o abuso) di trigger. Dalla scelta del topic (discusso e polarizzante), ai modi, alla location, passando addirittura per la scelta dell’outfit. Le felpe delle Forze dell’Ordine, l’accento sull’Italianità e i prodotti tipici e persino la Nutella o la carbonara, trigger food per antonomasia. Un processo quasi al contrario: il trigger non viene inserito in un contenuto/messaggio per “migliorarlo”, ma sono quasi questi ultimi a divenire conseguenza del trigger scelto.
E quando si è tutt’uno, in modo continuativo, con i trigger il nostro personaggio diventa esso stesso trigger. Salvini appunto, ma anche la Chiara Ferragni pre crisi (a proposito, lo schema capsule collection- donazione era un trigger), Burioni, Selvaggia Lucarelli, personaggi che solo per il loro essere (e comunicare) sono capaci di stimolare interesse e risposte degli utenti, qualunque cosa dicono/facciano.
Un’aderenza totale che diventa driver, ma che spesso è anche complessa da gestire (le spalle larghe di cui parlavo poc'anzi. perché può anche tornare “indietro” trasformando il “triggeratore” in “triggerato”.
Così come il personaggio diventa trigger anche il canale, può, in parte, assumere questo ruolo. È il caso di TikTok. Lo stile di fruizione e intrattenimento portato, molti dei topic emersi (la napoletanità che citavo ad esempio), alcuni format (5 cose da…) e soprattutto i diversi trend (anche sonori) sono elementi che lavorano in ottica di attract, facilitando la presa dell'attenzione prima e il coinvolgimento poi. Il vero punto è che in TikTok questo si eleva alla n perché per ogni contenuto che mi conquista tramite trigger (es un sound virale) troviamo una serie di UGC che lo sfruttano generando un vero loop. Un circolo “voluto” e attivato tramite ricerca e attività dell’utente sì, ma anche involontario, promosso dall’algoritmo.
Ma non tutti i trigger hanno la stessa portata. Se quelli più profondi legati ad emotività e necessità tendono a essere funzionali in modo più continuativo e trasversale, quelli legati a personaggi, trend e canali hanno spesso vita più breve, condizionati da una maggiore volatilità e condizionamenti momentanei. Senza contare la tendenza degli utenti ad abituarsi al trigger stesso, disinnescando gran parte della portata.
Un fatto sempre più evidente e che sta colpendo molti brand, ma ancor di più influencer e che deve ricordarci sempre quanto l’unico vero strumento capace di acquisire attenzione, coinvolgimento e relazione è la qualità dei contenuti che offriamo. That’s it.
Campagne da urlo
The Shitthropocene - Patagonia
Insight del Mese
Social Media Reach Vs Cultural Impact - Globalwebindex
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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