Gli atomi del transmediale
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Oggi parliamo di narrativa transmediale (che non è sinonimo di omnichannel).
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Transmediale ≠ Omnichannel
Se la storia non basta, prova a disegnare una realtà.
La fluidità di ecosistema a cui siamo ogni giorno sottoposti e le necessità di dargli un senso, vero, portano sempre più ad emergere il tema della transmedialità. Se anni fa, quando di iniziò a parlarne, sembrava ancora qualcosa di lontano, eccessivo, oggi è difficile non pensare che non solo siamo pronti, ma che per molti versi la stiamo già vivendo.
Ma sono ancora non così diffusi i brand che hanno compreso, realmente, il tema (e le potenzialità). Se il tema dell’omnichannel è (più o meno) chiaro, quello del transmediale molto meno, anzi, spesso assistiamo ad una sorta di sovrapposizione. Sì, parliamo sempre di utilizzare, in modo strategico diversi canale/mezzi, ma la differenza, netta, sta come spesso accade nel come.
Nel trasmediale non troviamo solo sinergia tra i canali, ma un’integrazione più profonda che permette una narrazione “totale”, maggiormente immersiva. Una serie di narrazioni univoche, ma correlate e continuative, che permettono di massimizzare completare l’esperienza dell’utente e, conseguentemente, il nostro messaggio .
Una sorta di convergenza multimediale che col tempo è diventata vera ibridazione, contaminando l’un l’altro i diversi canali. Le storie qui diventano quindi universi narrativi i cui atomi si sostengono/rafforzano vicendevolmente immergendo l’utente/consumatore in modo profondo e “seguendolo” in una continuità utile, ma soprattutto sensata. Non c’è eccesso proprio per la sinergica armonia tra le diverse attivazioni che la motivano agli occhi dell’utente e che, in piccolo, serve a dare il quadro generale.
Esempi? Lego è senza dubbio uno di quelli più eloquenti. Un brand in cui il transmediale è diventata norma e che ha permesso allo stesso di crescere in termini di awareness, reputation, equity… vendite.
Ma quali sono le principali caratteristiche di una strategia transmediale?
Propagazione e penetrabilità
Due dei concetti chiave per la creazione di una narrazione transmediale. La propagazione riguarda la capacità dei contenuti di diffondersi attraverso tutte le reti sociali disponibili, mentre la penetrabilità concerne la loro diffusione capillare.
Questioni che si legano spesso a pattern condivisi (e funzionali), a formati o elementi funzionali come i trend.
Non si tratta di viralità nel senso tradizionale dei social, ma piuttosto della capacità di incoraggiare il pubblico a condividere i contenuti e a interagire direttamente con essi, esplorando in profondità le storie, scoprendo nuovi elementi inediti e diventando parte integrante della narrazione.
Una spinta non tanto (o solo) all’interazione, ma al coinvolgimento, su più livelli e maggiori gradi di partecipazione.
Continuità e molteplicità
Continuità e molteplicità sono essenziali per costruire un unico universo narrativo. La continuità garantisce la coerenza tra le varie narrazioni che orbitano attorno alla storia principale e gioca un ruolo fondamentale nella soddisfazione dell'utente, che deve raccogliere i frammenti sparsi per integrare e completare la sua esperienza.
La molteplicità, invece, consente di creare e accedere a una serie di racconti alternativi, permettendo di esplorare personaggi, episodi ed eventi da prospettive diverse.
Immersione ed estraibilità
Il principio di immersione si riferisce all'esperienza dell'utente con i contenuti. Nella narrazione transmediale, le persone non sono solo spettatori o ascoltatori, ma si immergono completamente nelle storie. Il coinvolgimento attivo che citavo prima e che diventa un vero e proprio driver. Un coinvolgimento che va quindi coltivato e indotto.
Questo è reso possibile grazie all'estraibilità, che permette di trasportare gli universi narrativi nella realtà, come eventi, prodotti, luoghi fisici (es. parchi divertimento, hotel, ecc).
Anche i diversi esempi di co-branding a cui abbiamo assistito operano in tal senso. Le Nike Tiffany ad esempio.
Costruzione di mondi
La costruzione di mondi sta alla base del concetto di transmedia e si riferisce alla capacità di creare un universo vasto e variegato, composto da diverse dimensioni e livelli, dove si intrecciano varie storie.
Le realtà brand in piattaforme come Roblox o simili lavorano proprio in questa direzione.
E se non vi sembra qualcosa di difficilissimo ve lo dico io, lo è. Per farlo serve analisi, tanta analisi, andando a comprendere le caratteristiche di brand, le percezione degli utenti a riguardo e i behaviours degli utenti.
Serialità
La serialità si riferisce alla capacità di dare continuità alle informazioni relative alla nostra storia, offrendo nuovi e inediti collegamenti tra narrazioni differenti. Gli utenti sono incoraggiati a seguire i nuovi capitoli di una storia, disponibili su diversi canali e modalità, per assemblare i pezzi di un puzzle sempre in evoluzione.
In tal senso è cruciale l'uso di vari strumenti per enfatizzare continuità e riconoscibilità dei contenuti, lavorando nell’ottica dei format, strumento ormai decisivo in un’ecosistema orientata all’intrattenimento.
Il format è spesso per sua stessa natura transmediale, permettendo di essere declinato o, meglio, frammentato.
Performance
Intesa non come risultati, ma come la capacità degli utenti di partecipare attivamente alla creazione delle narrazioni.
Gli utenti non devono solo entrare nel mondo narrativo, ma come detto interagire, completare e addirittura modificare la storia con i loro punti di vista e le loro esperienze.
Per fare tutto questo serve e servirà sempre di più una fortissima contaminazione e trasversalità, ma ancor di più la capacità di una visione privilegiata e d’insieme, fondamentale per cogliere e sviluppare queste connessioni/sinergie tra canali. Come anticipato comprendere lo scenario attorno al nostro brand/prodotto diventa ancor più cruciale, permettendoci di evidenziare e, nel caso, sfruttare le eventuali opportunità/potenzialità che emergono.
Una visione che deve, giocoforza, tendere quindi ad “allargarsi”, immaginando il nostro brand/prodotto in “luoghi” differenti, ma funzionali alla loro narrazione.
Un allargamento che però porta con sé anche una maggiore difficoltà di misurazione e comprensione dei risultati. Anche qui serve una competenza diffusa e metodologie dedicate, capaci cioè non tanto di mappare i diversi “luoghi” del nostro transmediale, quanto nel metterli in relazione permettendo una valutazione univoca e che riesca a tener conto della sinergia tra le differenti attivazioni. Una sfida non certo banale.
Campagne da urlo
House of Terror - Unicef
Insight del Mese + Spazio Pubblicità
I settori di maggior utilizzo dell’influencer Marketing in Italia - Nuovo Report rand & Marketer di ONIM
La chart è parte della release 2024 del report Brand & Marketer di ONIM in cui, con quasi 500 professionisti intervistati, andiamo a mappare l’utilizzo e le caratteristiche delle attività di brand con influencer e creator.
Un modo per avere uno scenario chiaro del mercato italiano.
Il report uscirà il 25 Giugno e per l’occasione lo presenteremo in un evento esclusivo con il patrocinio di OBE.
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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