Il contenuto comanda (anche le feed)
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Il contenuto comanda (anche le feed)
Se avessi 1 Euro per ogni volta che ho letto o sentito dire "Content is the king", probabilmente potrei già andare in pensione.
Non che non ci sia verità in questa affermazione, anzi. Forse, come tante altre cose, ci è solo scappata un po' di mano...
Per chi lavora nella comunicazione, è facile comprendere il valore del contenuto, la forza dietro il messaggio o la storia che stiamo raccontando. Tuttavia, nonostante ne siamo così convinti, c’è stato un tempo in cui le cose non stavano esattamente così, almeno sui social media.
Basta pensare agli anni prima di TikTok e a come intendevamo i social. Canali sì dove trovare e apprezzare contenuti (anche allora i contenuti “buoni” erano apprezzati), ma che si fondavano su un elemento primario: l’autore. Sì, perché in quegli anni i social erano soprattutto uno strumento per mantenere contatti con persone (più o meno) conosciute. L'intento era più quello di rimanere informati su di loro, osservando, in modo un po' voyeuristico, le loro vite. Un fenomeno che influenzava fortemente anche la nostra percezione del contenuto stesso, rendendo difficile scindere il cosa dal chi. Il grado (e la qualità) della relazione e il nostro pensiero sull’autore influenzavano, in parte, il nostro giudizio sulla bontà di ciò che vedevamo o leggevamo. Un approccio più di contatto che di ispirazione o informazione.
A fare ancora più la differenza in tutto questo erano gli algoritmi, progettati per acuire questo fenomeno, privilegiando prima di tutto il grafo sociale, ovvero la nostra relazione con chi pubblicava il contenuto. Veniva sì valutato il mio grado di interesse e interazione con i vari contenuti, ma il primo filtro essenziale era il collegamento. Un circolo vizioso che non solo rischiava di creare pericolose bolle, ma, in un certo senso, impostava automaticamente le nostre aspettative qualitative, distorcendo o, meglio, rendendo meno reale il nostro giudizio. In sostanza, ciò su cui mi soffermavo o interagivo non era necessariamente di valore per me, ma era il meglio che il mio feed, plasmato dall'algoritmo, mi mostrava durante il tempo (comunque significativo) che trascorrevo su Facebook, Instagram o il defunto Twitter.
Un chi che guadagnava valore anche rivolgendosi ai primi influencer e alla riprova sociale che li validava, spesso oltre i loro meriti oggettivi. Molti di questi erano figure già note al di fuori dei social, che tendevamo quindi a seguire (ecco il contatto di cui parlavamo) indipendentemente dai contenuti che proponevano. Seguo LeBron James perché è LeBron, indipendentemente da ciò che pubblica o potrebbe pubblicare in futuro. Lo stesso accadeva con cantanti, celebrity o personaggi televisivi, figure che non conosciamo direttamente, ma che trattiamo come se fossero tra i nostri contatti. Vogliamo sapere cosa fanno, dove si trovano, ecc.
Senza contare che l'evoluzione dell'uso dei social ci ha portato a creare connessioni sempre più con persone “nuove”, di cui non abbiamo conoscenza diretta, frammentando in parte l'incipit iniziale del grafo sociale. Persone la cui conoscenza, proprio perché non vicine a noi nella vita reale, si basava spesso su interessi e passioni comuni.
Nulla di sbagliato, certo. Ma tutto questo, alla lunga, ha trasformato i social in un habitat poco funzionale, incapace di portare valore sia a livello di informazione, sia di temi o intrattenimento. Questo perché non era il contenuto a guidare la nostra attenzione e a generare interesse.
Un cortocircuito che si è concretizzato nel post-Covid e ha trovato terreno fertile in una piccola, ma enorme rivoluzione: l’algoritmo di TikTok. Il feed diventa aggregatore di contenuti prima ancora che di persone e, soprattutto, viene plasmato sulla base dei miei interessi, con l'obiettivo di offrire contenuti davvero interessanti, piacevoli e divertenti. In una parola: rilevanti.
Una scelta vincente, vista la crescita di TikTok, e che sta diventando lo standard anche per gli altri social. Ne ha parlato spesso Adam Mosseri nell'ultimo periodo ed è ormai noto che il 50% dei contenuti che gli utenti di Instagram vedono nell'app è suggerito tramite il processo di raccomandazioni basato sull'intelligenza artificiale.
Questo si traduce in un utilizzo più funzionale, facendo leva sull’affinità basata sugli interessi e sulle passioni e portando gli utenti a trascorrere più tempo sull’app, ma soprattutto a modificare l’approccio di utilizzo, in tutti i sensi. I social diventano così luoghi di intrattenimento, capaci di competere anche con altri canali, spazi di scoperta dove trovare informazioni, ispirazione e, concretamente, prodotti da acquistare. In tal senso, è sempre più evidente quanto TikTok faccia la differenza e, per averne conferma, basta pensare al noto #TikTokMadeMeBuyIt o all'impatto avuto su GDO ed editoria (#booktok), con spazi fisici dedicati ai prodotti/libri più virali sulla piattaforma.
Non si tratta solo di essere esposti a possibili novità, ma di esserlo con contenuti diversi, originali, capaci di offrire un livello di coinvolgimento profondamente differente e, per questo, in grado di compensare la mancanza di fiducia verso un autore spesso sconosciuto. Sì, perché se da un lato è vero che il grado di fiducia verso le persone che conosciamo è maggiore, è altrettanto vero che spesso queste persone non hanno una reale conoscenza o competenza in un certo settore/prodotto. Una fiducia, quindi, basata sulla competenza e, eccolo che torna, sul contenuto: l'elemento capace di concretizzarla.
Questo cambiamento è stato uno dei principali driver che ha spinto il passaggio da influencer a creator, da figure che puntavano sulla fama/notorietà/rilevanza social a figure con un unico focus: il contenuto e la sua creazione. Gran parte dell’affermarsi della #creatoreconomy è dovuta proprio a questo cambiamento di paradigma, che ha coinvolto prima le piattaforme e, poco dopo, gli utenti.
Provando a trarre qualche suggestione:
Progettare un buon contenuto oggi ha un valore enorme, forse tutto. E per "buono" intendo un contenuto che risponde davvero ai desideri dei nostri utenti, comprendendo le loro abitudini di fruizione e i formati preferiti. Si parte da qui (per fortuna).
Il piano editoriale perde totalmente di senso a favore di un approccio più transmediale. Contenuti che hanno vita e senso singolarmente, ma che insieme formano un disegno univoco e più ampio.
La pubblicità diventa ancora più funzionale, permettendoci di spingere contenuti di maggior peso agli occhi di chi li guarda. Inoltre, ci consente di non far perdere i pezzi di un racconto più ampio.
Scegliere un creator basandosi sui dati è fondamentale, ma la valutazione dei temi trattati e dei formati è altrettanto cruciale. Un approccio olistico di valutazione che si riflette nella metodologia RELEVANCE sviluppata da 40Degrees.
In questo focus sui contenuti, è necessario un nuovo approccio anche alla misurazione, integrando KPI diversi e, magari, dimensioni più qualitative. Il sentiment dei commenti e i driver conversazionali che emergono, per citarne alcuni.
Campagne da urlo
Afuera hay mas - San Pellegrino
Insight del Mese
“Riprendiamoci l’internet!” by Heart & Science
Eventi da non perdere
Brief - Videns Live
Brief organizza Videns Live, un evento esclusivo che si terrà l'8 novembre 2024 a Firenze, all'interno di una sala cinematografica. Videns Live segna il debutto del primo evento in presenza della serie Videns, il vodcast di marketing e comunicazione che ha registrato oltre 1 milione di visualizzazioni nella sua prima stagione.
Videns Live è dedicato a CMO, CEO e agenzie, e presenterà una giornata di full immersion nel mondo del marketing e della comunicazione. L'evento ospiterà 12 speaker di altissimo livello e offrirà 9 panel live su temi di grande rilevanza come Content Marketing, Intelligenza Artificiale, Social Media, Piattaforme, TikTok e Video Hero.
Gli Speaker di Videns Live
Giorgio Soffiato - Ad Marketing Arena
Tiziano Tassi - CEO Caffeina
Erika D'Amico - Brand Director Colombini Group
Gianluca Diegoli - IULM Professor
Bianca Arrighi e Livia Viganò, CEO e COO Factanza Media
Ella Marciello - Direttrice Creativa
Matteo Roversi - Co-Founder Cosmico
Alessandro Mininno - CEO Gummy Industries
Matteo Gazzarri - Co-Founder Brief
Niccolò Di Vito - Co-Founder Brief
Partecipazione Gratuita su Applicazione
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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