Influenzare, ovvero ispirare attraverso le tensioni
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L’influenza che passa dal contenuto
Parto con una premessa oggi. Quello che state per leggere è figlio dello speech che Cristiano Carriero e gli amici de La Content mi hanno chiesto di tenere ad un loro evento. Il tema era quello del racconto e delle sue potenzialità. Dopo un po’ di riflessioni ho deciso che volevo parlare del tema dell’influenza e di cosa tale termine oggi significhi soprattutto in ottica di comunicazione digitale.
Partiamo dalle basi, il significato del verbo influenzare:
Agire in modo determinante sull’animo e sulla volontà altrui; Nel passivo, e in frasi di valore passivo, subire un’influenza esterna, o comunque risentire l’influsso dell’azione o dell’opera d’altri; Nel linguaggio scient. e tecn., agire sull’andamento di un fenomeno, sul funzionamento di una macchina, e simili.
Il connotato, il percepito di tale azione è senza dubbio negativa e se ci riflettiamo è così anche nella nostra quotidianità. “Ti lasci influenzare” non è mai detto certo in termini positivi. Una negatività che è connessa anche all’affermazione avuta negli anni dagli influencer e nell’evoluzione della loro percezione, percezione non sempre così positiva, orientata più a mistificare, a spingere all’acquisto, lasciando per strada gran parte di quello che potrebbe invece fare la differenza nel rapporto tra questi e gli utenti.
Ma, mettendo in pausa per un attimo i pregiudizi e tornando all’essenza, l’atto di influenzare non è per forza solo negativo. Questo può infatti portare con sé anche valenza e ricadute di valore: influenzare può infatti voler dire motivare, spronare… ispirare. Quella stessa ispirazione che diventa una leva, di comunicazione e racconto, fortissima e di grande impatto. L'ispirazione a livello di contenuto digitale attira l’attenzione, conviene, ma ancor di più vende.
Un confine, quello tra ispirazione e manipolazione che è spesso labile e che si risolve solo nella modalità in cui utilizziamo l’influenza e sul risultato, anche qualitativo, che ciò porta.
Semplificando possiamo essere Patagonia o un brand che tenta di fare green washing, entrambi lavorando sulla sostenibilità nella comunicazione di business. È l’eredità che questa attività porta a delineare la volontà dietro la nostra influenza.
Tra ispirazione e tensioni: il contenuti che influenza
Brand e creator nella maggior parte dei casi hanno uno strumento fondamentale: il contenuto. È su questi che si relazionano con noi e che esercitano influenza (positiva o negativa che sia). Ed è proprio per questo che in un’attività di comunicazione, ancor di più con creator, è fondamentale partire dal cosa prima che dal chi, dallo sviluppo del contenuto e di tutto ciò che attorno a questo ruota (formato, topic, canale).
Ma “progettare” un contenuto che ispira (ecco che torna) necessità di una forma mentis e un approccio molto diverso, ancor di più del solito visto il maggior grado di soggettività (utenti diversi, aspirazioni differenti). Diventa ancora più fondamentale capire le caratteristiche degli utenti, estranio quegli elementi che ci devono mettere in condizione di entrare in risonanza con loro attraverso il contenuto. Un’analisi profonda, qualitativa, che deve andare oltre le etichette (geni, boomer, ecc), ragionando in termini di tribù e cluster, in una fluidità che ormai è base essenziale.
Per esempio e analizzo il cluster dei C-Level in Italia mi accorgo che non sono tutti uguali, ma che ci sono sottocategorie diverse, più attente alla tecnologia o al business.
Approfondendo possiamo scoprire che tra i maggiori interessi dei C-Level ci sono viaggi e sport, qualcosa non certo scontata.
Ma i dati, come dico spesso, hanno valore quando compresi, contestualizzati, attività che necessitano, per forza, di expertise umana. Non parlo solo di know-how “tecnico”, ma di sensibilità, di cultura.
Un'unione di dati ed expertise che ha un fine fondamentale: capire le tensioni umane o, meglio, quelle della nostra audience di riferimento. Una tensione che diventa il gancio prioritario per costruire il nostro contenuto, sfruttandolo come una sorta di wormhole per raggiungere direttamente le persone, nel loro intimo, emozionandole e avendo su di loro un impatto.
Quelle stesse tensioni che, come dice Patricia Weiss, sono uno dei pilastri del brand storytelling di valore (e successo).
Tensioni condivise che diventano sintomo di affinità, la stessa affinità che è driver per generare quel senso di appartenenza alla base di tribù sociali e fandom e che saranno sempre più centrali nelle nostre attività di comunicazione/marketing.
Campagne e progetti da urlo
Viral marketing per l’uscita di Smile
My 2 Cents
Credo che il mondo delle agenzie, ancor di più quelle creative, sia profondamente cambiato o che dovrebbe a stretto giro. Un’evoluzione che però, non sempre trovo. L’approccio, il framework, creativo che è diventato dna di queste realtà fatica oggi ad adattarsi, in modo adeguato, alle esigenze di progetti e , soprattutto, di canali.
L’approccio top-down, cioè avere un concept solido da adattare c’è giustamente, ma manca, a mio avviso, di un livello di adattamento molto più profondo, figlio di una conoscenza (reale e concreta) di formati, trend e piattaforme, ma ancor di più dell’esigenza di abbandonare quel senso di verità assoluta troppo spesso presente.
Non sto dicendo di avvilire il ruolo e le professionalità, sia chiaro, quanto di comprendere che tale ruolo è cambiato, diventando più “alto” e portando con sé la necessità ampliare il team o, se serve, le partnership. Anche qui, fluidità, ma di conoscenze.
L’insight della settimana
La cross-medialità degli influencer - Ricerca di Toluna per l’evento “Influencer Marketing” di UPA
Kudos
Questa volta guardiamo in casa nostra. Il plauso è al team di Openbox e di The Fool che insieme hanno dato vita a 40Degrees, un’agenzia verticale dedicata all’influencer marketing.
L’expertise di settore di Openbox e quella su analisi e monitoring di The Fool per trasformare l’influencer marketing in creator strategy, riportando al centro la strategia appunto.
Abbiamo presentato al nuova realtà nell’evento annuale di UPA.
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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