Integrare VS posizionare
La brand integration, uno strumento ancora troppo poco usato (bene)
Ciao sono Matteo e benvenuti in una nuova uscita di Digital Scenario.
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Oggi vi parlo di Mare Fuori o meglio di brand integration .
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Brand Integration: il Valore dell’integrazione narrativa
Come tanti anche io ho visto in questi giorni la nuova stagione di Mare Fuori. Un caso mediatico (e social) che diventa fondamentale per chi fa il mio lavoro studiare (e capire).
Interessante, al di là delle dinamiche che hanno portato la serie sui social sui social e resa un fenomeno (sul caso ho già scritto dell’impatto della napoletani sui social), quello che mi ha fatto più riflettere è l’integrazione di prodotti e brand nella serie.
Una tendenza sempre più diffusa e che può aprire spunti e opportunità uniche.
Al di là di MSC che sceglie una via più “soft”, limitandosi a mostrare una delle sue navi come cornice delle diverse scene girate nell’ufficio della direttrice, trovo interessante, l’esempio di Lavazza.
La presenza di Lavazza arriva in modo molto credibile e per questo naturale, ma ancor più rilevante diventa elemento stesso della narrazione (e con un’accezione molto positiva).
Parte delle attività di recupero previste nel carcere sono ruotano proprio intorno al caffè del brand, con una metafora molto valoriate sul recupero dei ragazzi in carcere.
Il logo non viene mostrato quasi mai, ma trova molto spazio la cultura del caffè (oltre gli elementi valorizzi citati), base portante del brand e fonte di affinità con la nostra cultura/società che vede il caffè da sempre al centro. Una via sottile, che fa proprio dell’integrazione nella narrativa di un prodotto entertainment il suo valore aggiunto, mettendosi a sistema di quell’intrattenimento che è un valore aggiunto fortissimo per chi guarda.
Il problema è che oggi, troppo spesso, c’è poca cultura della brand integration, preferendo la facilità e rapidità (solo apparente) del placement che di narrativo e sinergico ha ben poco. Fare brand integration non è la stessa cosa che "mettere un prodotto in scena". Confondere la brand integration con il semplice product placement è un errore strategico che può compromettere sia l'efficacia del messaggio che la percezione del brand.
Product Placement: Il Minimo Sindacale
Il product placement è un atto passivo, un approccio visivo, spesso superficiale, che punta a mostrare il brand più che a raccontarlo. Funziona? In parte. Può aumentare la riconoscibilità, ma non costruisce un legame duraturo tra brand e pubblico. È come passare davanti a un’insegna luminosa: la noti, ma non ti dice molto.
Quello che spesso accade. Sono in questi giorni in MilanoDesign Week e nelle tante, anche belle, attivazioni di brand trovo molto placement e poca integrazione. Voglia di farsi vedere, ma in modo superficiale, spesso più nella doverosa e bulimica necessità di fare ed esserci che non di generare valore.
La brand integration è tutt’altra storia. Parliamo di integrare il brand nella narrativa stessa, facendo sì che il prodotto o il messaggio faccia parte del contenuto in modo organico, strategico e coerente con i valori del creator e del pubblico. Proprio come Lavazza in Mare Fuori.
È qui che avviene la magia: il brand diventa parte del messaggio, non solo dello sfondo (leggasi Milano Design week).
Le 5 Regole per una Brand Integration di Valore
Coerenza Valoriale: Prima ancora di parlare di visibilità, il brand deve chiedersi: il creator condivide i nostri valori? Senza questa coerenza, l’integrazione suona finta, forzata, poco autentica.
Ruolo Narrativo del Brand: Il brand deve avere una funzione narrativa, non solo decorativa. Cosa aggiunge alla storia? Come contribuisce a risolvere un problema, a raggiungere un obiettivo?
Creatività Collaborativa: Quando c’è reale integrazione ciò a cui assistiamo diventa una sorta di co-creazione, massimizzando ogni player coinvolto.
Contenuto Nativo e Non Intrusivo: Se il pubblico sente l’“odore della pubblicità”, la magia si rompe. L’integrazione deve essere nativa, cioè perfettamente fusa con il tono, lo stile e i format del creator. Per questo va progettata: non basta dire sì ad una delle tante proposte di evento o programma tv che ci arrivano sulla scrivania.
Call to Action Intelligente: Non basta "inserire il link in bio". Una CTA ben pensata stimola l'interazione, spinge all'esplorazione e genera valore reale per il pubblico.
Perché la Brand Integration Funziona
Genera fiducia: quando è ben fatta, l’integrazione diventa un’estensione anturale della narrazione, valorizzando il brand e generando affinità con il pubblico. Questo crea empatia e fiducia.
Crea memorabilità: la narrazione lascia un impatto emotivo più forte del semplice posizionamento e, spesso, attiva in modo unico anche le PR, massimizzando ancora di più la visibilità del progetto.
Favorisce l’engagement: il pubblico percepisce l’autenticità e quindi è più “ingaggiato”: partecipa, commenta, condivide.
Misura risultati concreti: non è sempre facile misurare alcune di queste attivazioni, ma abbiamo comunque, oggi, la possibilità di non lavorare al buio. I KPI variano molto da dove stiamo realizzando l’integration e dobbiamo quindi settare, a monte, il giusto percorso di misurazione.
Il futuro del branded content non è nel solo "mostrare un prodotto", ma nel dargli un ruolo nella storia, anzi, nelle storie d’interesse per i nostri utenti. La brand integration, se fatta con intelligenza e sensibilità creativa, non interrompe il contenuto: ne diventa infatti parte. E quando il brand è parte della storia, diventa parte anche della vita del pubblico.
Campagne e progetti da urlo
Fizzooka - Mentos
Insight del Mese
Durante la Longevity Week di Milano con 40Degrees e ONIM abbiamo indagato il rapporto tra Boomer e social, con un focus sul mondo dei creator/influencer.
Ecco qualche dato:
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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