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In questa nuova uscita parliamo di cosa aspettarci, lato digital, da questo 2024.
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Cosa mi aspetto dal 2024, ovvero novità, trend e conferme
Riparte un novo anno e come sempre chi fa il mio lavoro si prova a capire cosa potrebbe succedere e con cosa si dovrà confrontare. Le dinamiche del digitale e dei social sono talmente rapido ormai che saper prevedere (almeno in parte) e affrontare il cambiamento diventa un passaggio cruciale.
Di carne al fuoco il 2023 ne ha lasciata tanta e molti dei trend/spunti partiti l’anno scorso troveranno spazio e conferma anche in questi 12 mesi. Altro, invece, arriverà.
Creator marketing
Il passaggio da influencer a creator è qualcosa che è già, in parte consolidato, e che penso continuerà ancora anche nel 2024. Le esigenze e le abitudini di fruizione degli utenti, le caratteristiche delle piattaforme e gli obiettivi di brand spostano sempre più l’attenzione su figure con grande capacità creativa lato contenuto, rendendo quest’ultimo il mezzo di contatto (e distintivo) per relazionarsi con i propri utenti. L’influenza passa per ciò che mostri, con buona pace anche degli algoritmi.
Questo comporta cambiamenti rilevanti nell’approccio fin qui visto delle attivazioni di influencer e talent. Nella selezione, dovendo dare spazio a valutazione di elementi differenti, spesso qualitativi, nella gestione di progetto, integrando molti aspetti di produzione e non solo di gestione, e soprattutto nella valutazione dei risultati. Anche in quest’ultimo punto l’integrazione di kpi più complessi diventerà sempre più decisiva.
Ultima, ma non meno importante, la necessità (reale) di lavorare in sinergia con il creator, lasciandogli la giusta libertà di azione (lato creativo) e cercando vie corrette non di product placement, ma di integration.
Il Fake Out Of Home
Parlando di creator è giusto sottolineare, ancora, quanto sia necessario avere il giusto contenuto. Giusto inteso non tanto come “bello” o di “qualità”, ma adatto alle aspettative e alle abitudini degli utenti, permettendo così di “tenerlo” sul canale o, meglio, sullo schermo. La sfida è ampia e strettamente connessa ad utilità e, ancor di più, intrattenimento.
I confini tra i media, non più solo social, sono ormai liquidi, rarefatti, tanto da portare i contenuti di TikTok o Twitch, ad esempio, a concorrere contro programmi tv o app di streaming.
Serve quindi una forte capacità di capire gli utenti e cosa funzioni per loro, ricordandosi che proprio per questo scenario senza confini “reali”, molte dinamiche sono comuni e possono essere trasferite da canale a canale, ma non in modo assoluto. Ci sono contenuti che “guadagnano” senso a seconda di dove li vediamo/fruiamo.
Lato brand, invece, questo può portare forti riflessioni sulle attività offline.
Branded Entertainment e media house
Un corollario ai primi due punti. Il valore di contenuti e creator e il fenomeno del FOOH porta ancora più rilevanza all’intrattenimento di brand, sia originale che attraverso integrazioni ad hoc.
Nel primo caso è un ripensamento enorme dell’approccio solito dei brand, un cambio che necessità di figure diverse, prime fra tutte i creator, utili ad abbreviare la distanza tra ciò che realmente serva in tal senso. L’obiettivo sarà sempre di più quello di essere media house, veri produttori di contenuti. Ripeto CONTENUTI, non solo ads.
Pronti anche a rivedere i set di kpi lato misurazione. Non bastano certo quelli soliti.
La Deep Realness
Lo accennavo prima: contenuti che funzionano non fa rima con contenuti “belli”, ricchi dal unto di vista produttivo. Serve e servirà sempre di più essere “veri”, in linea con ciò che viene pubblicato in modo rapido dagli utenti, anche “sporchi” se necessario.
Una questione di adattamento ai canali, ai trend, ma soprattutto di affinità e credibilità agli occhi degli utenti che guardano. Punto ancor più rilevante in epoca di AI generativa.
Palinsesti - Format - Autori
Dati molti dei punti precedenti viene da sé la crescente necessità di essere in grado non solo di offrire contenuti, ma palinsesti di senso che integrino al meglio format con integrazione di brand e prodotto. Sfruttando magari leve e pattern già testati e funzionali su altri canali (tv ad esempio) e adattandoli adeguatamente (senza forzature).
Qualcosa di più semplice a dirsi che a farsi e che porterà nel 2024 alla necessità, quasi obbligata, di avere nel team autori, cioè professionisti dedicati.
Crisis management
Gli ultimi mesi del 2023 hanno riportato grande attenzione sui rischi reputazionali in comunicazione, soprattutto connessi a influencer, talent, creator. Il caso Balocco-Ferragni certo, ma non solo.
Parlavamo prima di libertà al creator. Certo, ma nella parte creativa. È impensabile oggi data l’esposizione che hanno queste figure non avere voce in capitolo su quanto pubblicato dal creator. Nessuna eccezione.
A questo si aggiunge l’importanza di piani di intervento dedicati, così da avere rapidità di azione e To Do List pensate e ragionate, evitando il rischio di intervenire presi da pressioni o paure.
Lato selezione dei creator serve un passo in più netto, andando oltre trend e performance. Bisogna scavare e cercare di capire realmente le caratteristiche delle varie audience, valutando anche lo storico.
Community
La rivalutazione delle community è un qualcosa che ha segnato, in parte, gli ultimi anni. Credo che il 2024 sarà l’anno in cui questo darà i suoi frutti. Alla luce dei punti precedenti, della quantità di contenuti a cui gli utenti sono sottoposti, dell’enorme fatica nel realizzarli diventeranno sempre più chiave i legami e la condivisione di interessi/temi che danno vita alle community. Un driver unico per indagare temi e trend, per diffondere contenuti e spingere marchi e prodotti.
Community che possono essere intercettate, attivando quelle già esistenti, o lavorando, duramente, per crearne una propria. App, aree riservate, paywall possono essere in tal senso una risorsa da sfruttare.
Connesso al tema community c’è quello della verticalità, un mantra del 2023 che si rafforzerà.
AI Generativa
Non il domani, ma già l’oggi. È troppo grande l’impatto odierno e le potenzialità di questi strumenti per non metterli a sistema. Credo non possa essere già più una scelta, ma solo una necessaria comprensione di come integrarli.
L’AI deve essere un supporto a creare, a dare forma ancor meglio e rapidamente alle idee, permettendoci di rispondere così alle esigenze di tempi e quantità di contenuti che lo scenario attuale richiede.
Strategia, Strategia, Strategia
Agire in modo ponderato, ma soprattutto cercando di mettere a sistema quanto facciamo. Una sfida che pare ovvia, ma non sempre giocata dai brand. Credo che il 2024 dovrà spingerci in questa direzione.
Capire a chi parlare, ma non solo. Il come, il quando e il dove hanno una valenza enorme. Sfumature culturali, trend in ascesa o in calo, formati e algoritmi sono variabili che non possono non segnare il nostro agire. Solo lavorando con un approccio strategico possiamo fare tutto questo.
Una strategia che mette a frutto analisi e dati, permettendoci di capire al meglio scenario, personas, contesto, centralizzando idea e concept e declinando attraverso l’execution.
Audio
Che la parte audio sia centrale non è una novità e credo proprio per questo che si rafforzerà la sua importanza. Audio inteso come podcast, ma ancor di più come sound, nel senso più TikTok del termine.
Le esigenze di TikTok proprio hanno riportato al centro il tema delle song brandizzate, vicine ai cari e vecchi jingle. La memorabilità di questi motivi, quando ben fatti, sono un valore aggiunto molto forte (e cross piattaforma). Sarà per questo sempre più rilevante avere risorse o partner forti in questo tipo di attività.
La fusione tra organico e media
Le caratteristiche e l’impatto degli algoritmi condizionano sempre di più la visibilità organica dei contenuti, anche quelli di livello e prodotti da creator di spessore. Avere il giusto contenuto è certamente fondamentale, ma non basta più. Serve una corretta strategia di distribuzione o, meglio, di sostegno media in una dinamica sempre più coesa. Non parliamo più di due attività distinte, seppur sinergiche, ma di un tutt’uno.
I “cookies” finiscono, ma la fame resta
Google inizierà a eliminare gradualmente i cookie di terze parti nel 2024. Eppure, un marketer su quattro li utilizza ancora per il tracciamento. Una limitazione rilevante che però non deve togliere la nostra voglia di “capire”.
Fondamentale sarà passare al tracciamento di prima parte e adottare strumenti capaci di restituirci informazioni sulle nostre audience (es. App e loyalty program), ma anche integrando con strumenti diversi come tool di consumer e audience intelligence.
Campagne e progetti da urlo
Domino: The Little One - Beko
My 2 Cents
Mi fa un po’ specie dire quello che sto per dire, soprattutto se penso a quanto parlo di branded content, entertainment, ecc… ma vedendo alcuni ultimi lavori in giro e le tante polemiche che ne sono scaturite, fatico a non rifletterci.
Siamo così sicuri che ogni brand/prodotto necessiti di così tanta creatività, di values o purpose?!?
Penso all’ultimo spot di Whirlpool in cui si vede una donna che “fatica” a trovare spazio nel mondo, ma lo trova, easy, grazie alla nuova lavastoviglie con maggior carico.
Al di là della mancata lettura del contesto attuale, minato, e di come si possa non aver immaginato il caos che poteva seguire ad uno stereotipo del genere, penso che, a volte, ci facciamo prendere la mano costruendo sovrastrutture che di vantaggi, alla fine, non ne portano.
Ma ci serve davvero uno storytelling del genere per evidenziare una lavastoviglie che ha, come plus, un maggior carico? Ne siamo certi? Credo che a volte cadiamo più nella nostra voglia di fare qualcosa di diverso per noi professionisti, senza valutare che tutto questo all’utente porta poco.
Su una caratteristica tanto evidente e legata all’utilità (il maggior carico) non era meglio qualcosa di più semplice con un bel +25% di carico in evidenza?
Non ho una risposta certa, ma credo che dobbiamo tornare a farci certe domande, pensando, lato risposte, a quelle che darebbero gli utenti, i consumatori… e quelle risposte non sempre fanno rima con creatività, valori, purpose.
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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Matteo sono tutti rilevanti, ma inevitabilmente l'impatto dell'AI sia sul fronte delle produzione sia della distribuzione dei contenuti penso la farà da padrone!
Grazie Matteo ottimi spunti e interessante provocazione finale.