Ciao sono Matteo e benvenuti in una nuova uscita di Digital Scenario.
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In questa nuova uscita, come promesso, vi racconto quelli che, secondo me, saranno trend rilevanti per questo 2025 a livello di comunicazione social.
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I trend social per il 2025
E dopo il post dedicato all’influencer marketing eccomi con quello dedicato ai social. Piccolo disclaimer: i due “mondi” sono sempre più vicini e sovrapposti, tanto che è spesso impossible trovare un reale confine. Proprio per questo alcuni punti/spunti che trovate nell’ultimo post torneranno anche qui.
Di carne al fuoco relativamente alle piattaforme ce n’è tanta tanta. Complice una parte finale del 2024 molto movimentata e, ancor di più, tendenze che si sono lentamente quanto inesorabilmente posizionate.
Short è bello, ma anche i long hanno il loro perché
Non avete certo bisogno di me per capire quanto i video short siano oggi centrali nella fruizione social da parte degli utenti. Bene, lo saranno (molto) anche nel 2025. Ma detto questo è innegabile la tendenza che vede i long form riconquistare spazio. Una spazio sempre limitato rispetto agli short, ma comunque rilevante e non più trascurabile.
Forse è una “reazione” naturale alla marea di video brevi che vediamo, più probabilmente questi rispondono ad esigenze di fruizione diverse, lavorando così in sinergia con gli short, “completando” l’offerta.
È innegabile che non sia possibile affrontare tutti i topic con la necessaria dose di approfondimento solo con gli short. Ma soprattutto i long form possono diventare uno step in più, una una sorta di climax. Vedo uno short che parla di un argomento interessante, dandomi brevi, ma necessari incipit (catturare mia attenzione), a cui poi aggiungo uno short per avere il necessario focus.
Un binomio ideale anche lato brand, permettendo di operare sia lato attract che retain. La questione non è tanto bilanciare short e long, ma integrare. Creare il giusto flusso.
I long form, poi, vanno in contro alla crescita, molto forte, di YouTube sugli utenti più giovani e, soprattutto, permettono un approccio interessante sia sui contenuti utili che su quelli di intrattenimento, i due driver che restano, anche per il 2025, centrali. Stando ai dati di GlobalWebIndex l’8,7% è fortemente d’accordo sul fatto che questi formati siano più educational. L'intrattenimento (44%) è invece la principale ragione di fruizione dei long form. Non è casuale che video musicali (53%) e viral clips (27,7%) siano le tipologie più viste.
Utilità e social SEO
La SEO è ormai anche questione social. Secondo i dati di GlobalWebIndex il 33,1% degli utenti italiani utilizza i social network per trovare informazioni su brand, prodotti, servizi.
Una tendenza ancora più forte lato TikTok. Una piattaforma che è sempre più il motore di ricerca per gli utenti della GenZ. Stando sempre a GlobalWebIndex il 17,4% degli Under 24 lo utilizza per trovare informazioni. Una risposta estremamente più caratterizzante rispetto alla media che rafforza il ruolo di TikTok. Non è infatti casuale l’arrivo qualche mese fa delle ads relative alla search.
Questo impatta profondamente sia sulla social media strategy che sui contenuti. Le ricerche sono connesse alle necessità degli utenti e ciò che trovano deve essere in grado di rispondere a queste ultime, enfatizzando il concetto di utilità.
Per fare questo è fondamentale lavorare su know-how e valorizzazione delle verticalità, altro punto sempre più chiave.
Lavorare dati alla mano, tra volume keywords e behaviour degli utenti, così da capirne le esigenze, diventa base irrinunciabile.
Intrattenimento e brand integration
Sulla rilevanza dell’intrattenimento ho già detto tanto. Per questo 2025 credo che il punto chiave sia metterlo a sistema cercando di renderlo non fine a sé stesso, ma elemento capace di essere funzionale alla comunicazione di brand.
Per fare questo è necessario soffermarsi su format e integration. Il format ci permette infatti di dare forma all’entertainment e poterlo gestire, permettendoci di lavorare in ottica di brand integration (che come dico sempre non è sinonimo di placement). Integrare il brand significa infatti non solo che ci sia e si veda, ma che sia parte integrante del format, motivando e dando valore al suo ruolo.
Le ads a supporto del PED: SEMPRE!
Lo scrivevo anche relativamente ai trend dell’influencer marketing. L’organico oggi è qualcosa che non esiste praticamente più lato social e dati i costi di una buona attività social non possiamo più sperare o accontentarci di numeri risibili.
Al di là delle attività di performance marketing dedicate, oggi le ads devono giocoforza entrare nel quotidiano. Ogni contenuto che lanciamo necessita di supporto media: sia per ottenere risultati idonei che per giustificare l’investimento fatto.
Come dico spesso siamo ormai al punto di dimmi quanto budget media hai e ti dirò la strutturazione del PED e il numero di contenuti che realizzeremo/pubblicheremo.
Nella scorsa newsletter vi mostravo il calo dei risultati organici di TikTok, qui vi metto quelli di Instagram secondo il report di RivalIq.
Se Atene piange, Sparta non ride… I numeri sono limitati o, almeno, limitati per l’effort che un brand impiega per questo tipo di attività.
Servirà sempre più sinergia (se già non c’è) tra team content, SMM e ads specialist.
Community primarie
Si parla da anni del ruolo (ritrovato) delle community, ma spesso senza il giusto livello di concretezza. Beh, detto questo credo che questo 2025 dovrà realmente vederle al centro. Perché lavorare in ottica di community diventa uno dei pochi driver utili a limitare, in parte, il calo dell’organico, ma soprattutto a “vincere” la guerra per l’attenzione e l’enorme esposizione a cui sono costretti gli utenti.
Ma non basta dirlo… serve anche farlo. Ragionando per punti in primis serve capire davvero il nostro pubblico, le necessità, am ancor di più le aderenze che li tengono insieme e potenzialmente connessi al brand. Tensioni che diventano un collante indispensabile. Serve poi un approccio più relazionale da parte del brand che ascolti, coinvolga, dialoghi con gli utenti. Solo così possiamo coltivare i rapporti e attivare tener viva la community
Una community che, sia chiaro, non è solo un pubblico da sfruttare, ma una risorsa molto più ampia: fonte d’informazione su brand e prodotto, valore aggiunto per difendere la reputation, fucina per contenuti credibili e ricchi di trust (UGC ed ECG).
I canali broadcast (usati non come nel 99% dei casi ad cazzum) possono essere situazioni interessanti per lavorare in queste relazioni più avanzate.
Oltre la sola pubblicazione, il dialogo
Una sorta di corollario del punto precedente. Relazionarsi va oltre il solo pubblicare contenuti. Certo, è la base portante, ma non si esaurisce tutto lì. Serve un approccio attivo, capace di essere driver di coinvolgimento per la propria audience.
Attività come sessioni live di Q&A o momenti “Ask Me Anything”, sondaggi interattivi o incontri virtuali, ripubblicazione di UGC di valore, uso di hashtag dedicati alla tua community per creare un senso di appartenenza sono alcuni sounti d’interesse.
Io ad esempio trovo utilissime le attività di commento realizzati da molti brand su post di creator noti o pagine rilevanti . Da un lato perché permette di farsi notare da utenti potenzialmente interessanti, ma soprattutto di farlo in modo “social”, essendo lì dove è giusto essere, sporcandosi le mani con una reale conversazione.
Ovviamente è decisivo farlo nei giusti modi, studiando bene il come e, soprattutto il dove. L’ascolto della rete è cruciale perché ci permette di capire gli account e le pagine affini, quelle cioè dove ha senso reale intervenire.
Integrare i creator
L’ho detto spesso in questi mesi: i creator non sono più solo risorse per attivazioni earned (leggasi influencer marketing), ma sono centrali anche lato account di brand. Le loro capacità creative e di sensibilità su cosa chiedano piattaforme e utenti, gli permette infatti di creare contenuti maggiormente funzionali. Ancor di più in canali come TikTok o YouTube o per formati come i Reel.
Canali e formati che i brand faticano spesso a gestire al meglio con contenuti troppo istituzionali, artefatti, lontani da ciò che gli utenti si aspettano e vogliono.
Proprio per questo i creator sono oggi fondamentali anche nei PED di brand, permettendoci di integrare a questi contenuti diversi, credibili, e di impatto per le nostre audience.
Rispetto all’influencer marketing “classico” due punti:
in fase di selezione serve ancor più attenzione lato affinità creator-brand.
è doveroso lasciare libero il creator di lavorare con il suo stile, ma quando si opera su canali dell’azienda serve un attimo più di controllo, sia per evitare situazioni qui potenzialmente critiche che, soprattutto, per rispettare (in parte) il ToV di marca
Coerenza sì, ma non troppo
Non credo che servissi io per dirlo, ma repetita iuvant: il tempo dei contenuti coerenti e delle feed tematiche è passato. Direi morto.
In un mondo dominato dai palinsesti che gli algoritmi ci offrono si ragiona molto più sul singolo contenuto (che ci viene proposto) che sull’insieme. Anzi, molto spesso quell’insieme non lo vedremo mai.
Una coerenza che si perde anche a livello di formalità: troppo ampie oggi le opportunità creative offerte, ma soprattutto troppo definite le abitudini di fruizione degli utenti per accontentarsi del “post di brand”, ingessato e che ha come punti chiave la palette del marchio e il logo. Serve altro.
Anche per riuscire a sfruttare i micro trend e i micro momenti utili alla nostra comunicazione, avendo la giusta libertà di sperimentare e poter seguire il flusso senza doversi troppo preoccupare della forma più che del contenuto/topic.
Servono adattamenti continui e rapidi. Una via utile anche lato algoritmi.
Autenticità > qualità
L’era del contenuto perfetto e ultra-curato sta tramontando, lo abbiamo detto. Oggi a fare la differenza è l’autenticità, contenuti spontanei capaci di generare credibilità e affinità. Una questione di verità, ma anche di onestà, onestà che credo sia fondamentale quando parliamo di community e relazione.
Tempo di live (maybe)
Sono sempre combattuto sulla questione live. Le reputo uno strumento con enorme potenziale, sia di crescita che interazione con gli utenti. D’altro canto sono complesse da gestire, “pericolose”, difficile da adattare (in modo interessante) alle necessità di marca.
Detto questo credo però che nel 2025 sia tempo di provarci. Restano molto funzionali lato sviluppo account da un lato, dall’altro si sentirà sempre il peso portato da TikTok Shop, una vera rivoluzione. Le live in quel caso saranno realmente uno strumento indispensabile e sarebbe meglio arrivare pronti.
O strong o easy
Non esiste la formula perfetta su quale strategia e contenuto sia più performante. Esiste quella migliore per ogni realtà, a seconda delle sue esigenze. Detto questo credo però ci sia tendenze di fondo che toccano i canali in modo molto trasversale. Alla luce di molti dei punti precedenti credo che ormai la soluzione più funzionale lato contenuto sia lavorare in modo polarizzato. Nel senso di operare per estremi: da un lato contenuti molto molto bold, per struttura, complessità, concept, investimento, messaggio dall’altra contenuti molto più snelli, di facile realizzazione che ci permettono di dare consistenza tra un contenuto top e un altro.
Calcolando che non si può vivere solo di contenuti “top”, penso sia più “rischioso” e oggi costoso operare nella zona grigia, dando vita a contenuti che non saranno mai bold come quelli sopraccitati, ma comunque impegnativi da realizzare sia lato effort che economico. Senza contare che sono pochi i brand che hanno la stoffa per dar seguito a una lunga serie di contenuti di alto livello.
Molti vivono questo approccio per concept medio/lunghi: idee creative che si trasformano in contenuti che monopolizzano i canali per 2/3 mesi, offrendo originalità e diversificando molto l’offerta rispetto ai competitor. Senza contare le maggiori possibilità di una brand integration di Livello. Il commesso di Unieuro o la Grafica del volantino di Lidl sono ottimi esempi.
Campagne e progetti da urlo
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Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
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Ciao Matteo, concordo su tutti i punti che hai toccato e su ogni previsione (forse quindi rinuncerò alla pizza).
Il "trend" su cui punto di più è il long-form, ne ho parlato a modo mio in un post di qualche settimana fa. (https://francescapinna.substack.com/p/come-sara-la-comunicazione-nel-2025)
Grazie per gli spunti!