Tempo phygitale
Ciao sono Matteo, se leggi questa newsletter credo proprio tu mi conosca. Se così non fosse qui trovi qualche info su di me.
Qui invece puoi iscriverti per ricevere le mie prossime pubblicazioni su Substack.
TikTok ha dato un senso al phygital?
Phygital. Ecco una parola che non è che abbia, a mio avviso, avuto la comprensione che necessitava. Faccio mea culpa, perché anche lato mio ho faticato a capirne il senso e a dargli fiducia. Nata presto (forse) o con troppa aurea di supercazzola perché abbia potuto trovare la giusta posizione non solo nel dizionario del marketer, ma nel mondo, il nostro mondo.
Ma le cose cambiano o, come in questo caso, trovano il giusto tempo o un’evoluzione di scenario tale le porta ad acquisire un significante e dare senso a ciò che senso sino a poco tempo prima non aveva.
Detto ciò questo non è un post, il solito post, su nuove forme di evento capaci di combinare vita reale e digitale. Sì perché su quel lato il phygital non significa ancora nulla… non è che fare una versione online del Festival dello stufato di Vattellapesca significa fa convivere online offline… sarebbe un attimino troppo facile.
Ma, invece, credo che alcuni fenomeni a cui abbiamo assistito di recente e con protagonista TikTok diano la reale istantanea di cosa si dovrebbe intendere (o dovremmo aspettarci) per phygital. Parliamo di riuscire a creare qualcosa che nasca sì online, ma capace poi di generare un reale impatto sugli utenti, il loro modo di vivere (non solo social) tale da avere una ricaduta, concreta, a livello sociale e, ancora più importante, nella vita reale. Quella in cui ci svegliamo irritati chiedendo dov’è caspita sia il caffè.
Ed è proprio questo, penso di poter affermare, il sogno bagnato di chi lavora in questo settore.
#phygitalTok
Se riuscire a creare tutto questo è complesso, direi molto difficile, c’è chi sta provandoci più di altri o almeno sta creando il giusto humus per farlo. TikTok è molto più che un social, molto più che un canale. Questione di esperienza proposta agli utenti, tipologia di contenuti, l’algoritmo e una sapiente strategia di partnership e posizionamento. Più piacere o meno, ma da professionisti, analizzando in modo oggettivo, è innegabile.
Un mix di elementi che ha influenzato il digitale e le altre piattaforme (basti pensare a reel e short video), ma non solo. Pensiamo ai tanti eventi di rilievo di questi anni Euro2020, Olimpiadi, Eurocontest in cui TikTok non solo ha dato vita a partnership concrete, ma è riuscita con i contenuti di pattaforma a diventarne spesso estensione, luogo di discussione. Una sorta di bar del pease, ma in versione estesa, “aumentata”. Quello che faceva ai bei tempi Twitter potremmo dire, ma con una valenza molto più profonda.
Ma al di là degli eventi troviamo ancora più riscontri su questa ricaduta phygital in alcune verticalità di contenuto nate e prosperate. Pensiamo al #tiktokmakemebuyit e all’impatto enorme che ha avuto: da semplice hashtag, a sinonimo di consigli e influenza d’acquisto, sino a fenomeno che ha travalicato i confini del canale, diventando concreto attraverso espositori dedicati in negozi o mall. L’Oreal ha addirittura creato una capsule collection dedicata.
Ma l’esempio più eloquente è senza dubbio uno: #booktook. Questo nasce come hashtag per raccogliere i contenuti legati al tema libri e letteratura, ma con il passare del tempo è esploso diventando molto di più di un semplice hashtag. È addirittura finito qualche giorno fa sulla Treccani. Giusto per farvi capire meglio, a fine 2022, #BookTok ha toccato quota 93,8 miliardi di visualizzazioni (+143 rispetto al 2021), mentre #BookTokItalia 1,3 miliardi (422%). Numeri digital che però (ecco qui il punto) hanno saputo influenzare pesantemente anche l’offline. Come? Facendo conoscere nuovi autori o riportando in auge quelli passati, ma soprattutto spingendo le vendite. Nel 2022 al primo posto nella classifica dei libri più venduti in Italia c’è stato Il fabbricante di lacrime di Erin Doom, tutto grazie a #booktok appunto. Come non è casuale che secondo i dati Ali, Associazione Librai Italiani, dopo anni neri, per la prima volta, nel 2022, il saldo tra chiusure e aperture è stato in pareggio.
Ma perché #booktok, ma in modo più esteso TikTok, riescono in tutto questo. Ecco alcune riflessioni:
Creator al centro, anzi, centrissimo: certo anche Instagram e YouTube vedono la forte presenza/influenza di influencer e creator, ma in TikTok questi non sono solo rilevanti, sono un vero e proprio pillar. Questo si palesa e ha un valore enorme nei contenuti prodotti portando un forte riverbero sugli utenti. Una questione di stile, TOV, trend che hanno creato un’ecosistema ideale per dar vita a forme espressive capaci di arrivare, in modo più rilevanti, agli utenti.
Comandano interessi e passioni: l’attenzione e la valorizzazione delle verticalità, unite all’algoritmo “aperto”, generano palinsesti customizzati per ogni utente che si basano non sulle relazioni, ma sui loro interessi, massimizzandoli. Un fatto che ha ovviamente conseguenza anche lato acquisti.
Community, community, community: l’effetto provocato da una massa critica di utenti (e contenuti) crea un amplificazione continua e, nel loro relazionarsi, rafforza il senso di appartenenza. Le azioni concrete diventano prova di questa appartenenza, prova che gli utenti vogliono, anche a livello di gratificazione personale, fare, mostrare. Fenomeni che poi spesso si estremizzano e danno vita a vere fandom.
Spontaneità+affinità= credibilità: Parlavamo di comunione di interessi/passioni, un fatto che di per sé è già generatore di affinità. Ma non si ferma a questo. L’affinità dei contenuti TikTok sta nel loro linguaggio quotidiano, nelle loro minor sovrastrutture (anche commerciali) e nella loro evidente spontaneità. Un mix di elementi che non solo li rende performanti lato digitale, ma soprattutto credibili. Per la serie io scelgo un libro promosso da #booktok perché la persona che lo racconta ha elementi di vicinanza con me, perché ne descrive pregi e difetti in modo diretto e easy e questo rende credibile quel consiglio.
Hype machine (in entrambe le direzioni): TikTok è la piattaforma dei trend per eccellenza. Tendenze che si esaltano in loop che spesso si autoalimentano, ma portano a bordo persone e, conseguentemente, vanno a lavorare sui loro behaviours. Trend che hanno vita spesso breve, ma che bruciano forte e che hanno impatto anche e soprattutto nella volontà di seguire quello che oggi “tira”, che è in tendenza.
Perché, è bene ricordarsi, TikTok non crea nuovi fenomeni ma accelera quelli già esistenti.
Le live iniziano ad avere un senso: parliamo da anni del valore delle live, valore concreto tanto da aver ricadute sulle vendite e nelle dinamiche del social shopping. Ma diciamola tutta, gli esempi virtuosi visti in Cina sono lontani ancora.
Fatto che aveva disinnescato in parte il significato d’uso delle live. Ebbene c’è luce alla fine del tunnel. Le live di Tiktok meriterebbero un post a parte, direi quasi una fenomenologia dedicata per la forma che hanno preso. Contenuti che hanno però sempre più peso e in quel peso hanno trovato un senso che li fa “funzionare”. Sempre restando su #booktok basti pensare alle live di lettura. Perché se è vero che queste non sono tanto connesse alla lettura come atto, lo è altrettanto che diventano mezzo di consolidamento del creator con la community. Anche perché nella maggior parte dei casi si lavora su libri in tendenza o su saghe che incentivano il richiamo delle fandom (ecco che tornano).
Campagne e progetti da urlo
Mercedes - One of Many
Fiat - Pandelleria
My 2 Cents
In un contesto liquidissimo come canali e con algoritmi sempre più particolari a gestire le views dei contenuti, trovo molto interessante l’esperimento di diversi creator di far doppiare i propri contenuti in altre lingue, creando quindi profili dedicati.
Lo ha fatto MR Beast, ma anche il nostro Michele Molteni. Entrambi con risultati molto interessanti e una crescita rapidissima. Perché penso sia funzionale questo? Perché creare un contenuto costa e il produrne versioni doppiate permette di massimizzare l’investimento. Ma soprattutto queste persone hanno una capacità non da poco, quella di creare contenuti che funzionano sia lato piattaforme (algoritmi) che utenti. Un plus che tende a non avere confini così stretti.
Vero anche, però, che non è a mio avviso cosa per tutti: ci sono settori o temi in cui l’influsso della cultura locale è troppo determinante per far funzionare quel contenuto fuori da quel contesto. Pensiamo al food ad esempio. Oltre al settore anche lo stile comunicativo impatta. Per un finlandese il nostro modo di porci/esprimerci può non funzionare così tanto (e viceversa). Ideale quindi partire con lingue/culture “vicine” (per un italiano il mercato spagnolo ad esempio)
Va detto che però la globalizzazione e la tendenza ad essere sottoposti in modo trasversale agli stessi prodotti della cultura (trend social, serie tv, film, ecc) limiterà sempre più questa necessità di vicinanza.
Insight del mese
Visitatori unici su YouTube - L’impatto degli Shorts
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
Se ti è piaciuta questa newsletter condividila.