YouTube loves TikTok ovvero se il contesto è liquido
Ciao sono Matteo ed è da più di un mese che non scrivo (perdonatemi!). Cercherò di riprendere il corretto ritmo nei prossimi mesi.
Se leggi questa newsletter credo proprio tu mi conosca. Se così non fosse qui trovi qualche info su di me.
Qui invece puoi iscriverti per ricevere le mie prossime pubblicazioni su Substack.
Oggi qualche riflessione sulla misurazione e quanto questa sia cosa complessa quando parliamo di creator.
Se ti piace cosa scrivo e vuoi sponsorizzare una delle mie newsletter puoi mandarmi una email a poglianimatteo@gmail.com
YouTube loves TikTok: in uno scenario liquido bisogna essere trasversali (anche nel misurare)
Viviamo immersi nei dati (o almeno dovremmo). Questo è un incipit fondamentale a cui non possiamo non adattarci, in tutti i sensi. Oggi approccio, richieste, ma soprattutto disponibilità di tool (AI compresa) ci permettono una spinta analitica enorme, offrendoci in modo abbastanza semplice e rapido insight da utilizzare. Ormai non è più una scelta, tutti dobbiamo confrontarci con il dato. La reale differenza è quanto uno realmente ci creda e ancor di più come sia in grado di metterli a terra, renderli strumenti decisionali e strategici.
Succede anche con le brand activation che vedono coinvolti creator e influencer. Dalla necessità di comprendere pre -campagna (driver conversazionali, trend, consumer behaviour) a quella di tracciarne l’andamento, sino alle doverose disamine finali. Ovvio che nel caso dei creator si enfatizza ancor di più una delle maggiori difficoltà lato misurazione: integrare la dimensione qualitativa delle attività e quanto questa abbiano avuto rilevanza sugli utenti finali, possibilmente quelli in target. Il tema della valutazione qualitativa e dell’impatto restano due issue su cui dover necessariamente riflettere, ancor di più alla luce della crescente centralità di queste attività nelle strategie di brand e nei conseguenti investimenti necessari.
Ma oggi mettiamo un attimo in pausa la questione qualitativa. Non è infatti l’unico problema che emerge lato tracciamento ed evaluation. Lo scenario dei creator oggi, non mi stancherò mai di dirlo, è infatti estremamente liquido oltre che frammentato. La demarcazione tra i diversi canali è sempre meno tangibile, quasi più una “sicurezza” imposta da chi le campagne le crea quasi a cercare un certo conforto. Ma così non è. Non può essere. Comandano sempre e solo le abitudini di fruizione degli utenti e queste sguazzano in questo stati liquido dando vita a situazioni spesso non considerate o, almeno, non valutate con la giusta attenzione.
Basti pensare alla “sinergia” ormai radicata tra TikTok e YouTube, imposta a suon di pubblicazioni e views da parte degli utenti stessi. Qualcosa spesso poco considerato dai marketer (spesso perfino dalle piattaforme stesse), ma che produce numeri e quindi diventa elemento essenziale da valutare e soppesare. Ma partiamo dalla base.
Sempre di più YouTube sta diventando un repository di contenuti nati in TikTok, potremmo quasi dire un amplificatore di questi. Basta fare un giretto o digitare qualche query per accorgersene: contenuti su contenuti, views su views. Ma da dove arrivano?
Certamente dall’attività di mirroring di molti creator. L’arrivo degli Shorts e le prestazioni tutt’altro che malvagie degli stessi hanno spinto molti creator ad iniziare, in modo abbastanza sistematico, a ricondividere su YouTube i video pubblicato in TikTok.
Ma non solo. Adesso arriva la parte più complessa. Molti utenti, fan, fandom creano vere e proprie raccolte di video TikTok dei propri creator di riferimento. Spesso sono i video della settimana di uno specifico creator, “antologie tematici” (video di una specifica house, su un topic o una ricorrenza), o addirittura rilanci di contenuti #ad, estendendo quindi al visibilità anche di campagne e, conseguentemente, di brand o prodotti. Tutto in modo imprevedibile, spontaneo e quindi con un grado di credibilità maggiore, limitando molto le sovrastrutture commerciali di questi contenuti.
Un’attitudine che non solo apre questi contenuti (ma anche i creator stessi) a YouTube, ma soprattutto ad un pubblico allargato, diverso per certi versi, con tutto quello che ciò comporta. Un esempio su tutti sono gli under 12/13 che non sempre hanno accesso a TikTok, ma che grazie alle Connected Tv possono vedere tali contenuti, venendo comunque profondamente influenzati dai tiktoker. Mia figlia di 9 anni non ha MAI aperto TikTok, ma grazie a YouTube conosce vita, morte e miracoli dei principali creator TikTok diventandone una vera fan.
Qui ecco che torna uno dei problemi di analisi/misurazione. Stando ai numeri ufficiali non avrebbe senso attivare TikTok per una campagna under 14, ma così non è o, almeno, non del tutto. Ma se la campagna coinvolge tiktoker e viene deliverata anche su YouTube sfruttando meccanismi sopra esposti, il senso c’è, eccome. Trasversalità, fluidità… nulla di più.
Un punto che ha conseguenza anche lato misurazione dei risultati e che ci costringe ad approcci molto più ampi. Quando nel 2020 abbiamo gestito per FUSE la prima Branded Hashtag Challenge di McDonald’s abbiamo generato oltre 500 Milioni di views su TikTok, ma grazie al coinvolgimento dei top creator del periodo ci siamo presto accorti che in YouTube, contemporaneamente, erano stati pubblicati video raccolte create dai fan. Video che aggiungevano views, interazioni, ma soprattutto diversificavano le caratteristiche delle audience, impattando anche la dimensione qualitativa.
Misurare è un obbligo, ma obbligatorio è farlo bene, con il giusto mindset e metodologie che possano supportarci realmente a comprendere cosa siamo stato in grado di produrre.
Campagne e progetti da urlo
I Creativi di Unieuro - Unieuro
My 2 cents
Oggi entro in un bel campo minato. Parliamo di gare… pubbliche. Non ho nulla contro e non sono così tranchant a riguardo come molti colleghi, ma due cosine vanno comunque dette.
Abbiamo partecipato con Openbox ad una gara settore pubblico riguardante la creatività per una campagna da far partire nel 2024. Budget ridotto, ma comunque decente, molti partecipanti (forse troppi, as usual) e un brief neanche troppo osceno (unusual).
Dopo qualche settimane riceviamo al risposta: negativa. Nessun problema sia chiaro, sta nel gioco perdere, ma sta anche nel gioco (o dovrebbe) dirlo nel giusto modo, dando quantomeno valore al tempo e alle risorse messe in campo, gratis, dall’agenzia. E invece arriva una email all’indirizzo generico info@open-box.it, finita addirittura in spam, senza neanche un feedback se non il “non avete vinto”. Nessun accenno alla metodologia di valutazione, alla nostra proposta. Solo un no.
Io voglio bene e do spesso ragione a chi dice che le agenzie sono troppo poco focalizzate sul cliente e che dovrebbe essere realmente partner più che fornitori… ma per farla funzionare sta cosa serve il lavoro di entrambe le parti. Perché se 8 volte su 10 all’impegno delle gare, gratuito, la risposta è questo “nulla” non bisogna stupirci che poi le agenzie non abbiano il giusto mindeset da partner.
I matrimoni si fanno funzionare in due.
Insight del Mese
I social media utilizzati dai Baby Boomer - Fonte GWI
Se non ci conosciamo, io sono Matteo Pogliani, sono un esperto di comunicazione e new media, autore, keynote speaker e docente in realtà come NABA e 24 Ore Business School.
Sono Partner e Head of Digital di Openbox, CEO di 40Degrees e uno dei più noti esperti nazionali nell’ambito dell’influencer marketing.
Ho scritto i primi volumi italiani sul tema: “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer” editi da Dario Flaccovio Editore.
Sono inoltre founder dell’ONIM, l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e dal 2021 nel board dell’academy di OBE, l’Osservatorio sul Branded Entertainment e tra i responsabili dell’Influencer Marketing Committee.
Se ti è piaciuta questa newsletter condividila.